Agrifoglio, Ilex aquifolium, contro gli incantesimi
La denominazione data da Linneo alla famiglia delle Aquifoliaceae forse si riferisce alla particolare struttura spinosa delle foglie.
Aquifolium infatti pare prenda origine dal vocabolo latino acus che significa ago.
L’uso terapeutico di questa pianta pare fosse pressoché sconosciuto nei tempi antichi o per lo meno limitato a saltuari impieghi popolari come antireumatico. Per il resto l’agrifoglio, già noto a Plinio, Catone e Teofrasto, rimase celebre più che altro per le sue curiose utilizzazioni domestiche e per singolari superstizioni ad esso legate. Le sue foglie si mettevano attorno alle funi su cui si appiccavano le carni salate per evitare che i topi se le mangiassero. Con la pianta intera invece si usava addobbare le chiese durante l’inverno, dopodiché i contadini se le portavano a casa – facendone peraltro anche delle scope – credendo che servissero contro gli incantesimi.
L’agrifoglio è un arbusto o albero di 2-10 m, a corteccia liscia e rami patenti, è abbastanza diffuso nelle zone boschive submontane e montane ed è spesso coltivato a scopo ornamentale. Fiorisce in giugno. Le foglie alterne e brevemente picciolate sono coriacee, cartilaginose al margine, fortemente ondulate e dentato –spinose. I fiori, riuniti in fascetti ascellari, fruttificano in drupe globose, carnose di colore rosso vivo.
L’agrifoglio godette in passato fama di sedativo e febbrifugo nella medicina popolare. Il decotto delle sue foglie veniva infatti frequentemente impiegato nelle febbri intermittenti e come sedativo nei disturbi nervosi. E’ difficile però stabilire a quale principio attivo attribuire queste presunte azioni terapeutiche anche perché la struttura della cosiddetta Ilicina - un glucoside contenuto nelle foglie di ilex – non è ancora del tutto conosciuta. Di certo si sa che la droga contiene anche una sostanza di natura xantinica – la ilaxantina – che con la sua azione notoriamente diuretica e diaforetica potrebbe in qualche modo provocare un effetto antipiretico.
L’agrifoglio non ha indicazioni terapeutiche di rilievo, ma ha suscitato qualche interesse sotto l’aspetto tossicologico in quanto l’ingestione delle sue bacche – che sono dei purganti drastici – provoca dei seri fenomeni di intossicazione a carico del tubo gastroenterico.
Può risultare pericoloso a dosi elevate, se si utilizzano le foglie o la corteccia, mentre è assolutamente sconsigliato l’uso delle bacche.
Di studi in merito anche recenti ce ne sono pochissimi, ultimamente dall’analisi spettroscopica sono state rilevate quantità di acidi ursolici, che sono responsabili delle attività biologiche e terapeutiche della pianta, mentre l'acido oleanolico può essere considerato un prodotto secondario.
Tenendo conto delle varie attività biologiche dell'acido ursolico, riportate nella medicina popolare e da studi recenti (quali antibatterici, antimicotici, antivirali, antinfiammatori, antiossidanti, antirughe, antitumorali, antiepatotossici, antipiretici e antidiabetico) possiamo supporre che questa pianta possa essere apprezzata in futuro in settori quali la farmacologia, la farmacognosia, la cosmetologia e l’oncologia.
Fonti:
Palu D, Bighelli A, Casanova J, Paoli M. Identification and Quantitation of Ursolic and Oleanolic Acids in Ilex aquifolium L. Leaf Extracts Using 13C and 1H-NMR Spectroscopy. Molecules. 2019 Dec 3;24(23):4413. doi: 10.3390/molecules24234413. PMID: 31816870; PMCID: PMC6930589.
Articolo scritto in collaborazione dalla Dottoressa Lucia Bono e Dottoressa Alice Loreti