Vischio, Viscum album, la pianta dei druidi
Secondo la tradizione nordica, portare il vischio intorno al collo contribuiva a tenere lontani gli spiriti maligni.
La particolarità del vischio di crescere “abbracciato” agli alberi, ed in particolare alle querce, era attribuita al timore della pianta di “toccare terra” e di perdere così i suoi preziosi poteri. Per questo i Celti adoravano il vischio come dono del cielo. Come “sperma” della sacra quercia il vischio, essendo una pianta sacra, doveva inoltre essere reciso soltanto con un falcetto d’oro e soltanto da un sacerdote druido vestito di bianco. Al sesto giorno di luna dopo il solstizio d’inverno e durante la “notte madre” dei Celti, i sacerdoti druidi vestiti di bianco recidevano i rametti di vischio lasciandoli cadere su di un drappo bianco. Il rito si concludeva con il sacrificio di due buoi bianchi e con la distribuzione del vischio al popolo che poteva così invocare la benevolenza degli dei e sperare nell’effetto benefico e medicamentoso di questa pianta.
Un’altra tradizione di origine pagana era quella di scambiarsi baci e affettuosità sotto la pianta del vischio in quanto in passato si credeva che la pianta fosse di buon auspicio per la procreazione e il matrimonio. Inoltre si pensava che la pianta avesse proprietà magiche e afrodisiache e che aiutasse in caso di infertilità. Nel Regno Unito poi la tradizione del bacio sotto al vischio si associò al periodo natalizio ovvero l’unico periodo in cui era consentito per i giovani scambiarsi gesti affettuosi in pubblico.
Purtroppo però il vischio non possiede nessuna di queste proprietà, anzi le bacche del vischio se ingerite sono tossiche. Proprio per la paura che venissero accidentalmente ingerite, l’utilizzo casalingo come decorazione venne a poco a poco abbandonato.
Addirittura alcune organizzazioni stanno cercando di rinnovare l’usanza di appendere il vischio nelle case a Natale nella speranza di stimolarne la sua coltivazione e riattivarne il mercato in modo tale da salvare alcuni degli antichi frutteti dove è più facile trovarlo.
Un altro motivo per cui si perse l’abitudine comune di utilizzare questa pianta era perché si scoprì che quest’ultima veniva utilizzata per i sacrifici umani. Nel 1984 nel Cheshire, in Inghilterra, è stato ritrovato il corpo nudo e ben conservato di un maschio che si presuppone avesse mangiato il vischio prima di essere stato sacrificato in una cerimonia celtica. La cerimonia era stata datata al 300 a.C e ora il giovane uomo, definito come l’uomo di Lindow è in esposizione al British Museum di Londra.
Il Viscum album è un arbusto semiparassita fissato sulla pianta ospite da grosse propaggini legnose e articolate, è in grado, mediante fotosintesi, di produrre autonomamente le sostanze organiche. Le foglie sono coriacee e carnose, di forma oblungo-lanceolata e munite di 3-4 nervature. I fiori –dioici- sono agglomerati all’apice dei ramoscelli superiori e muniti di un breve peduncolo. Il frutto è una bacca bianco-perlacea e globosa, coronata dall’apice della corolla, contenente un solo seme depresso.
Nonostante fosse apprezzato da sempre nella medicina popolare del nord, il vischio venne iscritto per la prima volta nelle farmacopee – in particolare in quella germanica - non prima della seconda metà del secolo XIX, tempo in cui vennero scoperti e sperimentati per la prima volta i suoi principi attivi.
Diversamente da come si pensa, le bacche bianche del vischio non sono mortali, ma possono provocare crampi allo stomaco e diarrea se ingerite accidentalmente.
Il succo delle bacche o il suo infuso veniva utilizzato nella tradizione popolare come panacea di ogni male dall’infezione fungina, ai vermi, alla forfora, alle crisi epilettiche, alla febbre, alla sifilide e alla gotta anche se non possedeva nessuna di queste virtù terapeutiche.
E’ da circa un secolo che lo studio dei principi attivi del vischio interessa a più riprese numerosi ricercatori con risultati spesso discordanti, ma comunque di notevole interesse scientifico. Le ricerche si stanno orientando sull’attività di un polipeptide presente nel vischio, nonché di alcune glicoproteine; vale a dire sulla viscotossina e sulle lecitine. Questi principi attivi sarebbero in grado di aumentare l’attività del timo, di aumentare le dimensioni della milza e dei linfonodi, di stimolare i linfociti T, di attivare la fagocitosi, di stimolare il midollo emopoietico danneggiato e di aumentare il numero degli eritrociti. Sarebbero in grado, in conclusione, di esercitare un’azione antiblastica (antitumorale), ma i meccanismi di azione sono ancora tutti da chiarire.
Addirittura nelle ultime evidenze scientifiche il vischio viene utilizzato in aggiunta al trattamento del cancro nei paesi tedeschi per ridurre gli effetti collaterali delle moderne terapie antitumorali convenzionali.
Per il momento è opportuno limitarsi alla principale indicazione terapeutica del vischio che è certamente quella che si riferisce al trattamento di diversi stati ipertensivi. L’azione antipertensiva del vischio, attribuita a flavonoidi e ad amminoacidi liberi presenti nella pianta, avrebbe un meccanismo di riflesso a livello delle zone vaso-sensibili del seno carotideo e cardioaortiche con un effetto ipotensivo e bradicardizzante associato ad un’attività antiossidante e antinfiammatoria.
Altri componenti del vischio includono, tra gli altri, triterpeni con proprietà citotossiche e apoptotiche e fitosteroli, oligo e polisaccaridi. Potenzialmente, può anche essere usato come farmaco epatoprotettivo o sedativo.
Fonti:
E. Riva, L’universo delle piante medicinali, Tassotti editore, 1995.
John Emsley, Molecole in mostra. La chimica nascosta nella vita quotidiana, Dedalo, 2004.
Oei SL., Thronicke A., Schad F., Mistletoe and Immunomodulation: Insights and Implications for Anticancer Therapies.,Evid Based Complement Alternat Med., 2019.
Nazaruk J., Orlikowski P., Phytochemical profile and therapeutic potential of Viscum album L., Nat Prod Res, 2016.
Articolo scritto in collaborazione dalla Dottoressa Lucia Bono e Dottoressa Alice Loreti